APPROCCIO TERAPEUTICO-EMILIO CIBOTTO
Molti anni fa rimasi stupito scoprendo che una delle massime traduttrici del Regno Unito aveva iniziato a praticare la sua attività solo in età adulta avanzata, avendo percorso prima di allora molti lavori, a volte anche non professionali.
Cercai di avere maggiori informazioni su questa donna e trovai un suo commento alla domanda di un estimatore che aveva avuto la mia stessa curiosità.
Lei disse che pur avendo sempre avuto il desiderio di esprimersi professionalmente in questa attività, riteneva che per dare il massimo avrebbe dovuto immergersi, “sporcarsi le mani”, con la realtà in cui i linguaggi venivano espressi: attraverso la conoscenza degli usi e costumi, delle abitudini, delle peculiarità di ogni ambiente di vita.
Solo così avrebbe potuto mettersi a disposizione di chi, attraverso le sue traduzioni e interpretazioni, avrebbe potuto effettivamente conoscere il pensiero espresso da chi comunicava in un linguaggio diverso dal proprio.
Fu un pensiero illuminante per il mio obiettivo di poter praticare la professione di psicoterapeuta, ispirato, ancora giovane, dalle letture di Carl Gustav Jung.
Anche lo psicoterapeuta, a mio avviso, deve essersi “sporcato le mani”, per essere in grado di immergersi e dare spazio e sostengo al disagio di chi chiede il suo aiuto.
Ho, dunque, mantenuto fede a questa ispirazione e ho continuato a svolgere le mie diverse attività lavorative, costruendo parallelamente la mia conoscenza teorica filosofica, teologica e psicologica, “incontrando” in questo percorso tre personaggi che ricordo, con affetto, sopra ogni altro: Platone, Meister Eckart e C. Gustav Jung.
Quando, poi, ho scelto la Scuola di Psicoterapia per definire la mia preparazione ho scelto l’indirizzo sistemico-integrato di Parma, il quale offriva la possibilità di conoscere molteplici approcci psicoterapeutici, visti nella loro operatività integrata. Oltre alla terapia familiare mi sono avvicinato in particolare alla Gestalt di Frits Perls, seguendo in particolare le idee di Claudio Naranjo, alla Terapia Cognitivo comportamentale e all’ipnosi di Milton Erickson.
Un Didatta durante la mia preparazione si espresse sul mio conto dicendo che il titolo che avrebbe dato al mio approccio terapeutico sarebbe stato quello di “Eclettico”. Sono d’accordo con lui. Il mio approccio è vario, eterogeneo, multiforme, complesso e versatile. E’ l’approccio del sarto, il quale usa cucire il vestito studiando le dimensioni personali del proprio cliente, producendo un abito su misura.
Non potrei essere utile a nessuno stringendomi all’interno di un’unica teorica o pratica terapeutica. Penso, infatti, che la psicoterapia sia un’arte e non una scienza esatta. Qualsiasi approccio alla persona umana, con la singolarità dei significati della sua esistenza, non può essere circoscritto a priori, ma vissuto nella relazione interpersonale che si crea in terapia.
Certo, gli “strumenti del mestiere” devono essere rigorosi e collaudati, ma poi devono aprirsi alla disponibilità e alla presenza personale e singolare dell’altro.
Soprattutto, credo che l’approccio più importante sia quello che lo psicoterapeuta ha avuto e usato con se stesso.
In questo percorso, alla ricerca di conoscere me stesso, ho “incontrato” il genio di George Ivanovich Gurdjieff, il quale anche se pochissimo citato nella letteratura scientifica, forse perchè personaggio scomodo, ha illuminato il percorso di molte scuole di pensiero dentro le varie psicoterapie attuali.
La pratica del “ricordo di sè”, compito fondamentale affidato da Gurdjieff ai suoi allievi è diventato dunque il mio impegno personale e guida del mio approccio terapeutico.
Si tratta di uno spiraglio aperto a tutti quelli che lo vogliono utilizzare per curare le ferite dell’anima.